Castrignano dei Greci (castello dei Gualtieri)

CENNI STORICI

«...Nel nostro castello, innalzato nella parte bassa del borgo antico, si convogliavano buona parte delle acque piovane che, stagnando nel fossato che lo circondava, costituivano una sua difesa naturale; esso doveva essere al centro dell' originario agglomerato urbano, di cui non si conosce quanta fu vasta l'area. Questo maniero, costruito "multas et artes" dai "magistri frabicatores" locali, divenne l'abitazione dei feudatari, i quali lo consideravano l'elemento più importante della difesa, preferendolo alle cinte urbane, in quanto a costoro importava dominare piuttosto che difendere i centri urbani. In una pergamena di re Carlo I d' Angiò, il nostro castello è ricordato, assieme ad altri castelli del Salento, come sito fortissimo di difesa per respingere attacchi nemici. È provato che contribuì a respingere l' attacco dell' esercito del papa Innocenzo VI che voleva saccheggiarlo. Dalla lettura della citata pergamena si deduce, altresì, il castello aveva una sua autonomia con soldati, vettovaglie e leggi; disponeva di alcuni inservientes (addetti ai lavori di manutenzione) e, quando occorrevano delle riparazioni, interveniva l'università di Castrignano a concorrere alle spese. Il castello è al centro di un fossato (presentemente interrato e in parte occupato da abitazioni) su cui sopravanza il basamento dei muri a scarpa. Su questo basamento, cinto da un robusto cordone in pietra leccese prendono il loro elevarsi, a piombo, le facciate, di semplici linearità, interrotte da finestre dai modesti fregi decorativi e sormontate da stemmi gentilizi e da qualche piccolo putto a braccia aperte. La facciata di via V. Emanuele è tutta in pietra leccese a file di blocchi squadrati e levigati di altezza costante (un palmo), messi in opera a "faccia vista" senza intonaco esterno, come tutte le facciate in pietra leccese, e si possono quindi agevolmente contare. In alto si nota un susseguirsi di mensole che completano la facciata. Il tutto molto semplice e lineare secondo le leggi dell'architettura salentina del medioevo. Fanno spicco ai lati i gocciolatoi di semplice linearità. Sul portone d'ingresso si impone l'arma gentilizia dei Gualtieri. Entrando si attraversa un piccolo androne carrozzabile che immette in un cortile, dal quale si accede in diversi ambienti: scuderie, magazzini e nelle adiacenze trappeto e forno. In uno di questi ambienti c'è un passaggio murato che - a quanto si dice - dovrebbe essere una galleria che porta alla citata abazia di S. Onofrio (cripta bizantina). È certo invece che c'erano nell'atrio due cisterne con puteali scolpiti in pietra leccese. Nello stesso cortile sul lato sinistro esiste una scalinata molto antica che porta a una terrazza scoperta, chiusa da una balconata in pietra. Da questa si accede ad ampie stanze che non mostrano nulla di notevole. Sul lato destro, pochi gradini portano a un vano sulla ci volta è scolpito un falco: stemma dei baroni Gualtieri, da questo, parte una scalinata che porta al piano nobile, al termine di questa scalinata fanno bella mostra due arcate seicentesche.

È stato accertato che i soffitti originari del primo piano erano a limbrici (tegole) e successivamente trasformati a volta. In una delle stanze si nota una botola circolare: doveva essere il "trabucco" (trabocchetto) dove venivano gettati i malcapitati "destinati a miglior vita. Sull'ala destra dell' antica costruzione quella, cioè, che guarda nel Largo Castello, un tempo faceva bella vista un giardino pensile del quale ne è rimasta una piccola parte. La facciata di via Umberto I presenta una scala scoperta in pietra che porta ad un artistico balcone. I balaustri della balconata poggiante su robusti mensolari sono di stile rinascimentale, piuttosto tozzi. Nell'angolo di nord-est della stessa facciata si notano i ruderi di una garitta (ce ne doveva essere più di una) per riparo delle sentinelle o come ricovero di manovratori delle attrezzature del castello. Dalla sua posizione è facile dedurre che il castello ebbe la duplice funzione di fortezza e di dimora, feudale; infatti si distingue una zona destinata alla residenza vera e propria del feudatario e alle cerimonialità e una parte destinata ai servi e ai soldati che comprendeva anche depositi di armi, attrezzi agricoli e viveri; e inoltre stalle per i cavalli e vari ricoveri per animali e vettovagliamento. Il feudo di Castrignano nel medioevo appartenne alla contea di Lecce sin da quando il normanno Tancredi, conte di Lecce, lo donò a Pietro Indimi, suo valoroso condottiero. Attorno al 1347, allorché la contea di Soleto (Lecce) venne occupata da Raimondello Orsini del Balzo, il castello di Castrignano con gli altri castelli svolsero un' azione di strenua difesa nella lotta contro l' infeudamento, anche se ciò non valse a scampare il villaggio dal divampare di guerra e di devastazioni. Il castello appartenne a diverse casate feudali. Tra i feudatari più noti, Filippo Prato che lo acquistò da Porzia Tolomei e Alfonso Guevara. Successivamente, terre e castello furono comprati e rivenduti da amministratori, Intendenti e Luogotenenti dei Gualtieri. Nel 1591 il capitano Mario Pagani da Oria li acquistò dal barone di Acaja. Nel 1646 Giuseppe Marchese, principe di Montemarano e S. Vito, a Gerolamo Maresgallo che era creditore di Francesco Antonio Prato. Ne furono proprietari, poi, nel 1679 Raimondo Prototico di Otranto ed infine la famiglia Gualtieri col titolo baronale. Nicola Gualtieri fece demolire la parte superiore dell' antico torrione che "minacciava rovina" ed edificò un palazzo. ...».

Bibliografia e Sitografia

http://www.castrignanodeigreci.it/index... (testo tratto da Castrignano dei Greci, di Angiolino Cotardo).

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XIII sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono

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