Celenza Valfortore (centro storico e porte urbane)

CENNI STORICI

La città conserva integri alcuni elementi della sua epoca medievale: la torre merlata con palazzo baronale, fatti erigere dai Gambacorta e residenza degli stessi tra XV e XVI secolo, e due delle quattro porte di accesso al palazzo baronale (Porta Nova o Nuova e Porta S. Nicolò). Delle epoche successive risaltano, tra le altre, la chiesa parrocchiale di Santa Croce, quella di San Francesco ed il settecentesco santuario di Santa Maria delle Grazie.

Nei pressi del Municipio è visibile la ricostruzione della Porta Sant'Antonio, la cui versione originale venne demolita nel 1925. L'ingresso si connota per l'arco ogivale e l'impalcato in legno. 

Salendo lungo Via la Torre ci si imbatte nella bellissima Portella, detta anche supportico. Si tratta dell'antico accesso al Castello; ha una struttura in pietra molto profonda costituita da due volte a botte separate da una a crociera. Sull'archivolto sono scolpiti tre ferri di cavallo incrociati, che simboleggiano la struttura originaria del borgo, e un pino, simbolo di speranza. 

Dalla Chiesa di Santa Croce, prendendo la discesa di Via del Risorgimento, si giunge alla Porta Nova, chiamata in dialetto “cautone”, ovvero grande apertura. La Porta presenta sull'archivolto in pietra lo stemma dei Gambacorta ed è caratterizzata da una volta in legno; oltre la porta si apre il Belvedere Cerulli che dona una spettacolari panorami del Lago di Occhito. 

In corrispondenza infine dell'omonimo Monastero si trova la Porta di San Nicola, detta anche della Terra o Feudo. E' forse tra le porte di Celenza quella più semplice: i conci dell'arco a tutto sesto presentano delle modanature sul lato, mentre al di sopra della chiave di volta, è scolpito uno scudo con mano che stringe un pugnale.  

Le fonti riportano la rifondazione della città da parte dei Romani nel 275 a.C. nel luogo attuale dopo la distruzione dell’abitato di Celenna sul colle della. Secondo alcuni studiosi l’impronta del primo insediamento di origine romana è riscontrabile nella maglia viaria regolare individuabile nel punto più elevato dell’attuale abitato, attorno al Largo Castello, successivamente circondato da mura. Il cardo sarebbe riconoscibile nella via Cavour. La matrice tardo-romana del primo impianto delle mura sarebbe confermata dalla fattura con pietre perfettamente squadrate e cementate con poca calce, distinguibili dall’apparecchiatura più grossolana del circuito murario medievale. Dopo un lungo periodo di instabilità politica, dovuto al contendersi dell’area da parte di Longobardi e Bizantini, con il consolidarsi del dominio da parte di questi ultimi, l’abitato fu interessato dall’intervento di fortificazione dei centri della Daunia attuato da Basilio Boioannes nell’XI secolo, richiamando anche la popolazione dei vicini casali. Secondo alcuni studiosi a questa fase sono da attribuire anche l’ampliamento delle mura, e l’apertura di tre porte (rimaneggiate in epoca moderna), nonché il potenziamento del casale di San Nicola, tangente all’abitato, che aveva il suo fulcro nella omonima chiesa di culto greco-ortodosso, le cui strutture sono state poi inglobate nel convento del XVII secolo. Ancora oggi la zona del “Casale” si presenta con unità abitative piccole e separate da strette stradine, con casette singole che si accavallano a forte pendenza nei pressi del convento. In questa fase, inoltre, l’abitato si sarebbe sviluppato lungo le tre direttrici principali che collegano il Casale di San Nicola al Castello all’interno del circuito murario, fiancheggiato da palazzi di due-tre piani edificati su lotti ampi. Infine, in epoca angioina si sarebbe avuta una ulteriore espansione delle mura verso la chiesa scomparsa di Santo Stefano, protomartire e compatrono di Celenza, attestata nel sito attualmente occupato dal palazzo municipale, ex Convento di Santa Maria delle Grazie. Durante tutta l’età medievale il feudo passò attraverso vari signori. Con i Normanni divenne possesso di Gualtiero di Biccari, per essere poi assegnato ai Tarascona e poi ai Casalbula. Successivamente, le sorti del feudo seguirono le vicende legate alla contesa del Regno tra i Durazzo e gli Aragonesi; con l’affermarsi di questi ultimi è assegnato alla potente famiglia dei Monforte per passare, per linea ereditaria, a Margherita Monforte e che lo porterà in dote al pisano Giovanni Gambacorta. La nobile famiglia Gambacorta avviò una fase di prosperità culturale ed economica. Risalgono a questa stagione tutti i monumenti più rappresentativi della storia religiosa e civile di Celenza. Tra questi, il Palazzo baronale costruito nel 1467, rimaneggiato successivamente; della fase originaria resta il monumentale torrione cilindrico con base a scarpa e cornicione merlato. Accanto alla mole imponente del palazzo, svetta la torre campanaria della chiesa di Santa Croce, affacciata sulla piazza che costituisce il cuore della città antica. La chiesa fu edificata a partire dal 1569 per volontà del barone Carlo Gambacorta e ha subito successivi rimaneggiamenti come dimostra la facciata con volute laterali di gusto barocco. Alla munificenza dei Gambacorta si deve anche la costruzione del monastero di Santa Maria delle Grazie costruito nel 1672, oggi sede del Municipio, e il grande complesso claustrale di San Nicola, le cui strutture inglobano quelle della chiesa romanica omonima fulcro del Casale. Il complesso fu costruito tra il 1622 e il 1647 e affidato all’ordine di Santa Chiara. La nuova chiesa di San Nicola, edificata nel 1630, conserva un pregiato pulpito in legno dorato del 1600 e una pala d’altare del 1759 rappresentante l’Incoronazione della Vergine tra i santi firmata dall’artista Michele Scaroina. Altre interessanti testimonianze dell’arte e della devozione locale sono la chiesa di San Michele, la chiesa di San Francesco con l’annesso convento dei Frati Minori Osservanti e la cappella rurale della Madonna delle Grazie, lungo la strada per Carlantino, che conserva la statua lignea della Madonna delle Grazie attribuita allo scultore campobassano Paolo Di Zinno. Agli inizi del XVIII secolo il feudo di Celenza insieme con il Casale di Carlantino fu confiscato dalla Regia Corte e ne fu ordinato un “Apprezzo” . Dalla relazione redatta degli ingegneri incaricati Galluccio e Cacciapuoti sappiamo che a quel tempo sopravvivevano ancora quattro porte che si aprivano nella cinta muraria, e precisamente Porta Sant’Antonio, costruita all’uso gotico, la “Portella”, che conduce al Palazzo, la Porta San Nicola, detta anche “della Terra”, e la “Porta Nova”, con stipiti e archivolto in pietra e supportico a “lamia”. All’Apprezzo seguì la vendita a D. Domenico Mazzaccara nel 1706; nel 1797 passò alla famiglia Giliberti con il titolo di Baronia

Bibliografia e Sitografia

https://www.visitmontidauni.it/it/pd/porte-di-accesso-al-borgo-antico-di-celenza-valfortore

https://fondoambiente.it/luoghi/centro-storico-celenza-valfortore?ldc

https://catalogo.beniculturali.it/detail/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/1600365354

Articoli di approfondimento

PROVINCIA

REGIONE

EPOCA

III sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Buono

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