Palese Macchie (quartiere di Bari, torre Ricchizzi)

CENNI STORICI

è

Non si dispone di notizie di epoca medievale, ma è da supporre che doveva trattarsi di un importante complesso massariale dedito all’olivicoltura rientrante nella categoria di clausurae o claustrum che si affermarono in poca angioina. La torre a base rettangolare, che costituisce il nucleo più antico, dovrebbe risalire al XIII-XIV secolo e dovrebbe rientrare in un sistema di torri di avvistamento a guardia dell’entroterra. Altri corpi di fabbrica furono aggiunti tra XV e XVI secolo, mentre un’elevazione posteriore della torre può essere attribuita ad interventi settecenteschi. La masseria è denominata in alcuni catasti con il nome di Torre Calò che lascia supporre una proprietà del complesso da parte della nobile famiglia di Bitonto Calò che tra XV e XVI secolo fece realizzare grandi progetti edilizi nella sua città. Nella Santa Visita del vescovo bitontino Crescenzi (1663) è menzionata una cappella nel cortile di Torre Calò sulla via della Marina di S. Spirito. Il presule dopo averla visitata disponeva che si ripristinasse la pietra sacra dell’altare e si ponesse una tela cerata alla finestra e che il sacro edificio fosse chiuso a chiave. Nella Visita di mons. Gallo (1674) il vescovo la trovava ben ornata e ne indica l’intitolazione a S. Francesco. Non è certo però che la cappella sia da individuare con certezza presso il complesso di Torre di Ricchizzi in quanto non vi è un riscontro architettonico, ma l’ubicazione sulla via di S. Spirito e la denominazione lo lascerebbero supporre. Successivamente il complesso apparteneva alla famiglia bitontina Ricchizzi che tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX possedeva anche una villa a S. Spirito che poi cedette a Giacinto Giannone de Maioribus.

Il complesso è realizzato in dura pietra calcarea squadrata in modo irregolare, si compone da un'alta e snella torre a base quadrata, un tempo dal caratteristico tetto “chiancarelle” poi crollato, un edificio a base rettangolare e l'annesso cortile a cui si poteva accedere dal portale a tutto sesto incorniciato da ghiera in bugnato rustico. Nella chiave di volta del portale si trovava uno stemma araldico, purtroppo trafugato da ignoti, probabilmente databile stilisticamente al XV-XVI secolo. Lo scudo di forma esagonale era inquadrato da cartigli molto schiacciati, non a rilievo, ed era impartito da una banda orizzontale, nella metà superiore di scorgeva una croce, mentre la parte inferiore era illeggibile. All’interno del complesso si possono ancora vedere i resti del frantoio realizzato in due grandi ambienti voltati a botte presenti al piano terra, nei quali sono ancora visibili le botole per il deposito delle olive o dell’olio.

Tra i due cornicioni modanati al limitare con il tetto, la torre presenta alcune strette feritoie per archibugi, realizzate probabilmente durante la fase di ampliamento del XV secolo.

Il complesso è vincolato con D.M. del 21/01/91.

Bibliografia e Sitografia
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CITTÀ

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EPOCA

XIV sec.

STATO DI CONSERVAZIONE

Rudere

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