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Microstorie

I metodi della ricerca storica nella scuola

Una delle edizioni del volume di Bloch.

«Papà, spiegami a che serve la storia» [1]. Così Marc Bloch esordisce nel volume Apologia della Storia quando introduce il discorso sui metodi seguiti dallo storico per indagare nel passato.

È evidente che per condurre un’indagine nel passato lo storico si trovi nella assoluta impossibilità di osservare personalmente i fatti che analizza, per questo la conoscenza del passato è necessariamente indiretta.

Nella scuola come nella vita, il primo passo per condurre un’indagine storica è l’acquisizione dei fatti. In che modo? Attraverso le fonti dirette quali i documenti reperibili negli archivi pubblici e privati, ma anche attraverso le fonti indirette ovvero le testimonianze orali, i giornali, le fonti bibliografiche, ecc.

In questo caso, però, le testimonianze possono essere inattendibili perché col tempo i ricordi possono non essere nitidi, mentre i giornali possono dare una visione distorta della realtà storica rispecchiando le tendenze politiche del momento o le volontà dell’editore, mentre per i libri bisogna osservare attentamente il fine con cui l’autore si pone di fronte al pubblico di lettori.

In realtà solo il riscontro diretto dal documento, la sua trascrizione e la sua analisi storiografica può testimoniare il passato. Ma c’è da affermare che anche in questo caso non bisogna analizzare un unico documento: bisogna fare controlli incrociati poiché spesso anche il documento può avere un contenuto apocrifo.

Ad esempio, se si vuole studiare un periodo storico preciso, bisognerà che l’analisi sia effettuata sulla scorta di tutte le fonti dirette ed indirette che si possono avere a disposizione. Questo migliorerà la qualità dell’indagine con un margine di errore dell’0,001%, rispetto a quando si tralasciano alcune fonti.

Marc Bloch, proprio a tale riguardo sostiene che «lo storico si sente in una condizione di inferiorità in confronto del buon testimone di un fatto contemporaneo; come se fosse in coda a una colonna nella quale gli ordini vengano trasmessi nella testa di riga in riga […]» [2].

Premesso che il passato è un dato non modificabile, si può senz’altro affermare che la conoscenza dello stesso si trasforma e si perfeziona incessantemente. Ovviamente, lo studio delle credenze e delle tradizioni popolari ha sviluppato solo negli ultimi tempi le sue prospettive… finora tale aspetto è sempre stato considerato dagli storici un passaggio di serie “B”, neppure antropologicamente da considerare a tutto tondo.

Le fonti narrative, in altre parole i racconti indirizzati volutamente ai lettori, costituiscono un valido aiuto per l’acquisizione di notizie; esse, oltre a fornire un inquadramento cronologico continuo, mettono in condizione lo studioso di non lasciarsi sopraffare dalle “miopie” cronologiche che imprigionano la mente dando luogo a pregiudizi e false prudenze.

Alla luce di quanto esposto, si può affermare che per procedere alla ricerca storica la prima cosa da fare è interrogarsi sull’argomento oggetto dello studio. In primis vi è lo studio bibliografico: bisogna consultare tutte le fonti letterarie sull’argomento; analizzate le prime si passa alla ricerca vera e propria con la consultazione documentaria; lo studioso, in questo caso, le deve reperire negli archivi pubblici e privati guardando gli inventari cronologici, e procedere all’esame dei carteggi relativi.

L’importanza dei riscontri incrociati dei documenti è fondamentale per avere la certezza della loro originalità e veridicità. Può accadere però che si proceda alla ricerca in maniera istintiva, in questo caso, secondo Marc Bolch «occorre che la scelta ragionata dei quesiti sia duttile suscettibile di arricchirsi, cammin facendo, di una folla di quesiti nuovi, aperta a tutte le sorprese e, in pari tempo, tale da servire, sin dall’inizio, da calamita per le limature del documento […]» [3].

Certamente si può affermare che la fase di raccolta delle notizie costituisce il passaggio più difficile per uno studioso che si rispetti: per questo supporti quali inventari di archivi o biblioteche, cataloghi dei musei, repertori bibliografici di ogni genere diventano strumenti di lavoro fondamentali.

Tutto ciò richiede tempo ed ore di studio a volte estenuanti. Può frequentemente accadere che la ricerca non produca effetti soddisfacenti: l’importante, in questo caso, è non desistere dall’impresa.

Certamente, più antico è il periodo storico da esaminare, meno possibilità ci sono di trovare i documenti. Ad esempio per l’arco temporale che va dal X al XIII secolo, è difficile procedere alla ricerca storica documentaria: guerre, saccheggi, scorrerie e quanto altro hanno determinato il depauperamento del materiale cartaceo, facendo sì che lo studioso operi in condizioni difficili e talvolta anche che sia impossibilitato a condurre l’indagine.

Fortunatamente, per i periodi più recenti della storia, molti documenti sono stati salvati perché protetti e custoditi in ambienti idonei, altri invece sono andati distrutti a causa dell’incuria o delle mancate condizioni ambientali atte a proteggerli.

Come innanzi detto, una volta visionato il documento, bisogna stabilire la veridicità dei contenuti: in passato come nel presente, facilmente si falsavano i contenuti dei carteggi, alterando così gli eventi.

Le ragioni sono riconducibili a motivi vari, che non si discostano da quelli odierni legati a strategie di potere. Il falso documentario può esserci sia nei contenuti sia sull’autore e sulle date. In tal caso si determina il falso nel senso giuridico della parola. Un esempio tra tutti è dato dai protocolli notarili che abbondano di inesattezze volontarie prodotte ai danni di uno o più soggetti sempre per gli stessi motivi: strategie di potere, interessi economici, ecc.

Ci sono dei celebri falsi documentari, scoperti a volte per caso dagli studiosi o dagli storici che hanno determinato dicotomie assertive, divenendo oggetto di attenzione per anni: es. falsi privilegi, falsi diplomi di nobiltà ecc.

La soluzione migliore per non incorrere nell’errore è che lo studioso non resti isolato poiché facendolo – secondo Bolch – potrà comprendere solo una parte della verità storica, persino nel proprio settore di indagine; la storia universale è infatti data dall’aiuto e da confronto reciproco, solo così si potranno conoscere gli eventi con un margine di errore bassissimo ossia si potrà avere la quasi totale certezza.

Esaminati i contenuti documentali, si passa alla critica che si muove su due precisi fronti: la testimonianza che giustifica e quella che discredita. Sarà compito dello studioso esaminare le fonti alternative con esiti incrociati ed accertare la veridicità dei contenuti, in relazione alla metodologia migliore per ottenere il massimo risultato.

Rapportiamo i concetti su esposti nella scuola: l’insegnante, d’intesa con gli studenti, sceglierà la strada da seguire, incominciando innanzi tutto con una breve ricerca dalle fonti bibliografiche, poi man mano assegnerà a gruppi di studenti il compito di recarsi negli archivi per consultare i documenti.

Volendo rimanere nell’ambito della propria scuola, un esempio tra tutti potrebbe essere dato dalla ricerca sulla fondazione del proprio istituto scolastico; in questo caso ci si può dirigere verso gli archivi scolastici come fonte primaria della ricerca.

Tuttavia tali archivi non sempre sono consultabili o perché non ordinati ed inventariati, o perché privi di carteggi. Del resto si sa che fino a non molto tempo fa si era soliti “liberare” gli istituti scolastici dall’accumulo di carte ritenute “inutili” mandandole al macero, allo scopo di devolvere il ricavato delle vendite in beneficenza.

Un’altra interessante ricerca potrebbe essere svolta dagli studenti sulle proprie origini attraverso la consultazione dei registri parrocchiali nella propria diocesi di appartenenza. In questo caso sarebbe utile recarsi presso l’archivio della curia vescovile; tale ricerca coprirebbe, nei casi più fortunati, un arco cronologico che va dalla fine del 1500 circa fino ai nostri giorni.

Sempre per lo stesso argomento, si potrebbe ricercare nei registri di stato civile disponibili presso gli Archivi di Stato a partire dal 1809 fino ai primi anni del 1900.

Un altro argomento di grande interesse per gli studenti potrebbe essere dato dalla ricerca sulle origini della propria città o del suo centro storico. In questo caso, oltre alle fonti bibliografiche, la ricerca potrà essere condotta attraverso la consultazione delle mappe geografiche custodite presso gli Archivi di Stato.

Per la Capitanata , ad esempio, interessante si rivelerebbe la visione diretta degli atlanti delle locazioni o delle reintegre dei tratturi, compilate a partire dalla metà del 1500 dai regi compassatori, per evitare che gli agricoltori sconfinassero nei tratturi riservati ai locati durante il passaggio degli armenti nel periodo della transumanza.

Sempre negli archivi pubblici sono custoditi i catasti, da quello Onciario, chiamato così perché i beni erano valutati in once, a quello più moderno risalente all’Ottocento introdotto durante il Decennio francese.

Anche gli atti dei notai costituiscono una chicca per i ricercatori; da tali documenti infatti si possono evincere notizie economiche, (inventari, testamenti, ecc.) antropologiche (capitoli matrimoniali, elencazione del corredo, usi, costumi, tradizioni ecc.), notizie preziose che fungono da corollario alla riscoperta delle proprie radici.

Oggi, istituti come gli archivi di Stato d’intesa con le scuole secondarie di I e II grado, attraverso i laboratori di didattica della storia veicolati dagli insegnanti, offrono agli studenti la possibilità di appassionarsi alla ricerca storica, creando i presupposti per nuovi e futuri sbocchi lavorativi.


1 M. Bloch, Apologia della storia o mestiere di storico, Torino 1973, pp. 23 e ss.

Ibidem.

Ibidem.

©2007 Lucia Lopriore

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