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Enrico VI di Svevia

Enrico, nacque alla fine dell’anno 1165 a Nimega (ora Nijmegen in territorio olandese), dell’imponente Federico I Barbarossa e Beatrice di Borgogna, fu presto incoronato re dei tedeschi dall’arcivescovo di Colonia ad Aquisgrana nell’agosto del 1170 e dopo la morte del padre imperatore (del 1191). 

Il giovane Enrico fu bene istruito, conosceva bene il latino, aveva ben appreso il diritto romano e il diritto canonico, era interessato all’arte e alle scienze. Secondo alcune fonti furono suoi precettori Konrad von Querfurt e Goffredo da Viterbo. 

Molti storici ritengono che la chiave per le sue ambizioni espansionistiche fu il Regno di Sicilia, che poi comprendeva tutta l’Italia a sud di Roma e alcune aree costiere del Mediterraneo nei Balcani e Nord Africa; gran parte dell’Italia del nord faceva già parte dell’impero.

Il 29 ottobre 1184 ad Augusta fu reso noto l’accordo tra Federico I ed il re di Sicilia Guglielmo II relativo al fidanzamento di Enrico con Costanza d’Altavilla figlia postuma di Ruggero II di Sicilia. 

Nell’estate 1185 Costanza, accompagnata da uno stuolo di principi e baroni, partì da Palermo alla volta di Milano, dove dovevano celebrarsi le nozze.

Le nozze furono celebrate nella chiesa di Sant’Ambrogio, il 27 gennaio del 1186, papa Urbano III non presenziò alla cerimonia.  In quella occasione Enrico fu anche incoronato re d’Italia.

Il matrimonio di Costanza d’Altavilla con Enrico di Svevia, 
miniatura tratta dal codice Chigi.

Il matrimonio di Costanza con Enrico VI è stato fondamentale per l’acquisizione dell’Italia meridionale da parte della Casa sveva. Molto probabilmente se nel 1186 non si fosse celebrato questo matrimonio o se Guglielmo II avesse avuto un erede, l’Impero non avrebbe messo le mani sul Regno di Sicilia. 

Ancora oggi non è chiaro chi sia stato l’artefice principale di questo accordo. Recentemente l’iniziativa è stata attribuita a Guglielmo II, che si sarebbe servito anche della mediazione del re d’Inghilterra. Forse il sovrano di Sicilia vide questo accordo nella prospettiva di dare un erede normanno al trono di Sicilia. Non si può escludere che l’iniziativa sia partita dalla corte sveva, infatti Federico I già in passato aveva tentato un approccio, ma senza successo. 

Dopo aver sposato Costanza d’Altavilla Enrico rivendicò il diritto civile di essere il successore di Guglielmo II di Sicilia, morto senza eredi nel 1189, ma il nipote di Costanza Tancredi (nota 1), con l’appoggio della nobiltà siciliana, si arrogò il diritto al trono di Sicilia. In questo contesto, nel novembre 1189, Tancredi fu incoronato a Palermo Re di Sicilia. Papa Clemente III, che non vedeva di buon occhio un unico sovrano della casata degli Hohenstaufen dalla Germania alla Sicilia, approvò e riconobbe l’elezione. 

Quando Enrico VI successe nel trono al padre (1191), decise subito di riconquistare il Regno di Sicilia, supportato anche dalla flotta della Repubblica pisana, da sempre fedele all’imperatore. Tuttavia, la flotta siciliana riuscì a battere la flotta pisana; l’esercito di Enrico, anche a causa di una serie di eventi sfortunati (fra tutti una pestilenza), fu decimato. Inoltre, Tancredi riuscì a catturare a Salerno la zia Costanza. 

Per il rilascio dell’imperatrice Tancredi pretese che l’imperatore scendesse a patti con un accordo di tregua. Quale gesto di buona volontà, acconsentì a consegnare Costanza a papa Celestino III che si era offerto quale mediatore; durante il viaggio verso Roma, però, il convoglio fu attaccato da una guarnigione imperiale e l’Imperatrice venne liberata. Avendo perso il prezioso ostaggio, la tregua non venne stipulata tra Tancredi ed Enrico.

La spedizione verso la Sicilia per cacciare Tancredi non riuscì anche perché in Germania ci fu una ribellione della nobiltà capeggiata da Enrico il Leone e sostenuta dal sovrano inglese Riccardo Cuor di Leone. Anche per frenare i nobili ribelli Enrico dovette far ritorno in Germania. Complotti a parte, ad Enrico non piacque il fatto che Riccardo Cuor di Leone aveva riconosciuto Tancredi come re di Sicilia.

Nel febbraio 1193, il duca Leopoldo V d’Austria era riuscito a catturare l’insidioso Riccardo Cuor di Leone nei pressi di Vienna, mentre il re inglese ritornava dalla crociata. Il sovrano inglese fu poi consegnato ad Enrico. Papa Celestino III scomunicò Enrico per aver imprigionare un sovrano crociato, ma a seguito del pagamento di un pesante riscatto (nota 2) Riccardo Cuor di Leone fu rilasciato nel mese di febbraio 1194.  

Il 20 febbraio 1194 Tancredi morì mentre era impegnato in una campagna nella parte peninsulare del regno per ridurre all’obbedienza i suoi vassalli fedeli all’imperatore. Poco tempo dopo, in circostanze non ancora chiare, morì anche il figlio Ruggero. Con la morte di Tancredi arrivò il via libera per una seconda discesa di Enrico e Costanza. 

Enrico VI, col sostegno delle flotte genovesi e pisane capeggiate dal fido Marcovaldo di Anweller, dopo essersi garantito la neutralità dei Comuni lombardi col Trattato di Vercelli del 12 gennaio 1194, riuscì a sottomettere la Sicilia. Nell’autunno del 1194, ricevette a Troia il giuramento di fedeltà dei feudatari rimasti fedeli agli Hauteville. In quella sede l’imperatore nominò Cancelliere del regno di Sicilia e Puglia il vescovo di Troia Gualtiero di Pagliara. 

A reggere il Regno era ancora la Regina vedova Sibilla di Acerra, per il conte di Lecce, il minore Guglielmo, figlio di Tancredi. Giunto nell’isola Enrico VI si fece incoronare re di Sicilia il giorno di Natale del 1194 realizzando così l’unione del regno all’impero.

Incoronazione di Enrico VI di Svevia a Palermo (codice miniato di Pietro da Eboli, il Liber ad honorem Augusti conservato presso la Burgerbobliothek di Berna 1196).
Enrico VI, imperatore dei Romani, attorniato dalle virtù, la ruota della Fortuna con Enrico in auge e Tancredi in rovina, miniatura del Liber ad Honorem Augusti  di Pietro da Eboli, fine XII secolo. Berna Burgerbobliothek.

Nel frattempo la regina Costanza, mentre si recava in Sicilia, fu costretta a fermarsi a Jesi dalla gravidanza che volgeva al termine, così il 26 dicembre del 1194 diede alla luce il futuro Federico II, al quale impose il nome di Federico Ruggero in onore dei due illustri nonni.

Nel frattempo Enrico VI a Palermo fece imprigionare Sibilla e dispose l’accecamento e l’evirazione di Guglielmo III e l’immediato trasferimento di entrambi in Germania. Contemporaneamente dispose che il magnifico tesoro reale fosse confiscato e portato in Germania.

Pur avendo annesso il Regno di Sicilia senza alcun impedimento, Enrico VI accusò di congiura laici ed ecclesiastici, contro di loro fu atroce e crudele. 

Anche il conte Riccardo d’Acerra, zio di Guglielmo, che tornava dalla crociata fu imprigionato e poi ucciso. 

Costanza, dopo aver affidato il neonato Federico alla tutela di Corrado di Urslingen Duca di Spoleto, partì per la Sicilia, senza immaginare che nell’isola avrebbe trovato malcontento, ribellioni e paura, a causa dalle atrocità di Enrico.

Dal 1196 la dinastia Hohenstaufen aveva raggiunto la massima estensione geografica ed economica del suo potere. Sulla carta, l’Inghilterra e la metà della Francia erano stati vassalli, la Danimarca e l’Ungheria riconobbero l’autorità degli Staufen. Inoltre, due terzi d’Italia, in effetti, ma tutto lo Stato Pontificio, era ormai sotto il dominio diretto di Enrico. Più lontano, i re d’Armenia (che a quei tempi si allungavano verso il Mediterraneo) e l’isola di Cipro divennero suoi vassalli.

L’Imperatore introdusse numerosi funzionari e vassalli in Sicilia e portò con sé i Cavalieri Teutonici che si insediarono a Messina e Palermo. I cavalieri Teutonici si rivelarono molto più fedeli di quanto non fossero gli Ospitalieri e i Templari. Enrico VI collocò suoi uomini di fiducia in posizioni chiave, innanzitutto nei castelli sul confine settentrionale, importanti strategicamente, in quanto garantivano il collegamento con l’Italia del nord. Così a Marquardo di Anweller fu affidata la Marca di Ancona, il ducato di Romagna e – dopo la morte di Corrado di Lützelhardt (1197) – la contea di Molise, mentre a suo fratello Filippo, diede la Toscana e l’amministrazione dei feudi di Matilde di Canossa. Cancelliere dell’Impero era sempre Gualtierio di Pagliara il quale aveva passato molti anni in esilio in Germania. Corrado di Urslingen di Spoleto fu nominato Vicario del Re.

Nessuna di queste iniziative era gradita ai baroni normanni e longobardi che si ribellarono. Questa situazione portò, nel 1197, ad una spietata repressione delle rivolte nell’Italia del sud.

Enrico contemplava anche una conquista di Costantinopoli che ebbe inizio quello stesso anno. Guidati da Corrado di Wittelsbach, arcivescovo di Magonza, partì un primo contingente di questa spedizione, ma mentre aveva già conquistato Sidone e Beirut giunse la notizia della morte di Enrico VI a Messina (28 settembre 1197), allora sia il prelato sia i crociati fecero ritorno in Sicilia. Con la morte dell’Imperatore il Regno di Sicilia tornò nuovamente nel caos. 

Ad Enrico succedette il figlio di appena tre anni, il futuro Federico II. La moglie Costanza, che gli sopravvisse poco più di un anno, fu reggente nel Regno.

I principi tedeschi elessero Imperatore Ottone IV di Brunswick.

Enrico è sepolto nella cattedrale di Palermo, la stessa dove venne incoronato. Accanto alla tomba sono della moglie e del figlio Federico II.

Nota 1: Il conte Tancredi di Lecce era figlio naturale di Ruggero III di Puglia (il figlio maggiore di re Ruggero II di Sicilia) e di Emma dei conti di Lecce (figlia di Accardo II), divenne conte di Lecce nel 1149.

Nota 2: Il riscatto per rilasciare Riccardo Cuor di Leone ammontò a 100.000 marchi d’argento (pari a 36 tonnellate d’argento), inoltre Riccardo doveva riconoscere l’imperatore suo signore feudale. 

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GUGLIELMO II detto il Buono

Guglielmo II, noto come “Guglielmo il Buono,” nacque nel dicembre del 1153 da Guglielmo I “il Malo”, re di Sicilia figlio di re Ruggero II, e da Margherita di Navarra. Questi soprannomi, che potrebbero essere fuorvianti, probabilmente riflettono il rapporto di questi sovrani con la nobiltà siciliana. Tuttavia, nella Divina Commedia Dante collocò Guglielmo II nel Paradiso. Essendo deceduti i fratelli maggiori Ruggero nel 1161 e Roberto nel 1165, alla morte del padre, avvenuta a Palermo il 7 maggio 1166, Guglielmo salì al trono nel maggio 1166, a soli dodici anni sotto la reggenza della madre Margherita. La regina Margherita è stata coadiuvata da un consiglio di reggenza di tre familiares: il vescovo di Siracusa, Riccardo Palmer, il notaio Matteo d’Aiello e il gaito Pietro. Margherita dopo un pò di tempo, non ritenne più opportuno affidarsi ai funzionari che aveva nominato suo marito, ma chiamò dalla Navarra il fratellastro, Rodrigo Garcés, che nominò conte di Montescaglioso, il cugino, Stefano di Perche, che nominò cancelliere e vescovo di Palermo, ed altri parenti cui affidò il governo del regno. 
Questo comportamento scontentò sia i baroni che i funzionari, italici e saraceni, e portò ad una rivolta capeggiata da Matteo d’Aiello, che in un primo tempo fu imprigionato, ma in seguito riuscì ad avere la meglio e a fare allontanare i navarresi ed i francesi. Margherita era abituata al dissenso, avendo vissuto, con il marito, tali esperienze con la rivolta guidata da Matteo Bonnellis nel 1160, che causò la morte di uno dei suoi figli. Comprensibilmente, lei fu molto protettiva verso Guglielmo, che imparò bene diverse lingue, compreso l’arabo. Furono precettori di Guglielmo prima Gualtiero (per alcuni Gualtiero di Offamil) e poi Pietro di Blois. 
Margherita allora istituì un nuovo consiglio di reggenza costituito da il vescovo di Siracusa Riccardo Palmer, il notaio Matteo d’Aiello, e Gualtiero, Gentile Tuscus vescovo di Agrigento, Romualdo Guarna, Giovanni vescovo di Malta, Ruggero conte di Geraci, Riccardo di Mandra, Enrico conte di Montescaglioso e il Gaito Riccardo.
Le prime cose che il consiglio di reggenza realizzo furono, ancora una volta, all’impronta della conciliazione con la popolazione e con la nobiltà. Vennero concessi condoni anche fiscali, furono infeudate alcune contee vacanti e furono accolti nuovamente nel Regno gli esiliati Tancredi di Lecce e Roberto di Loritello.

Ritratto di re Guglielmo II


Margherita era una donna forte e coraggiosa, chiese spesso consigli all’Arcivescovo di Canterbury, Thomas Becket, con il quale tenne una fitta corrispondenza. Becket le diede solo un appoggio morale, mentre Margherita lo appoggiò nella controversia che lo opponeva al re d’Inghilterra Enrico II.  Quando Becket fu ucciso nel 1170 la regina di Sicilia concesse rifugio alla famiglia di Thomas Becket. 
Guglielmo trascorse gran parte della sua giovinezza al di fuori Palermo, in castelli come quello di San Marco di Alunzio, raggiunse la maggior età nel 1171. 
Gli intrighi di vescovi e nobili hanno favorirono una lotta di potere a corte, e questo certamente influenzò gli atteggiamenti del sovrano Guglielmo. 
Grazie al nuovo sovrano il regno ritornò agli antichi splendori, Guglielmo tentò di porre rimedio agli errori del padre ed in buona parte vi riuscì. Nominò Vicecancelliere Matteo d’Ajello, ebbe un grande rispetto di tutti i gruppi etnici presenti in città, riaffidò ai musulmani le vecchie cariche sottratte e diede la giusta importanza ai feudatari ai quali affidò moltissime cariche a corte e nell’esercito. 
Il governo passò poi nelle mani di Gualtiero, a cui si deve anche la costruzione della Cattedrale di Palermo. 
Come spesso capita ci furono diversi tentativi per assicurare una consorte al re di Sicilia. Inizialmente si ipotizzo il matrimonio di Guglielmo con la principessa bizantina, Maria, figlia dell’imperatore Manuele I Comneno, ma presto gli accordi per questa unione fallirono. Nel 1173 papa Alessandro III si oppose al matrimonio tra il re normanno e Sofia, figlia di Federico I Barbarossa. Poi nel 1176 fu inviato in Inghilterra l’arcivescovo di Capua Alfano di Camerota ed il vescovo di Troia, Elia.
Questi negoziarono il matrimonio con la figlia di Enrico II d’Inghilterra, per instaurare un’alleanza fra gli Altavilla e i Plantageneti. Questa missione ebbe successo e la principessa fu condotta nell’isola. A Palermo il 13 febbraio 1177 Guglielmo sposò Giovanna Plantageneto (1165-1199), sorella di Riccardo Cuor di Leone. In occasione di questo matrimonio i nobili inglesi raccontarono dello sfarzo e del lusso della corte normanna.
Da questa unione non nacquero figli e ciò spinse Guglielmo, per assicurare un erede al trono di Sicilia, ad acconsentire alle nozze dell’ormai matura zia Costanza (la figlia postuma di Ruggero II) con Enrico di Svevia, figlio di Federico Barbarossa, il futuro Enrico VI.
Ritenuto da molti giusto, indulgente e tollerante, Guglielmo II conquistò l’opinione degli storiografi anche perché seppe proteggere gli intellettuali del tempo, soprattutto i poeti arabi. Con Guglielmo i musulmani mantennero una larga rappresentanza di governo e di religione e a Palermo c’erano anche alcune moschee. 
Il viaggiatore arabo Ibn Giubair lo ha descritto, forse per il suo atteggiamento benevolo verso i mussulmani, come un monarca “quasi-musulmano”.  
Segni visibili del regno di Guglielmo sono ancora oggi il magnifico Duomo di Monreale e l’abbazia benedettina di Monreale, cui seguì la costruzione della Cuba e della Zisa a Palermo.

Mosaico che ritrae Guglielmo che dona il duomo di Monreale alla Vergine Maria – Dedicazione del Duomo di Monreale.

Il Duomo di Monreale, dedicato alla Vergine Maria, fu realizzato per mostrare al mondo che Guglielmo era ormai un re maturo disposto ad esercitare tutto il potere che gli veniva dalla corona. Ciò è testimoniato da un mosaico che raffigura la sua incoronazione fatta direttamente da Cristo a imitazione del mosaico della Chiesa della Martorana che mostra Ruggero II incoronato da Cristo. La costruzione di questa grande chiesa, e la creazione di una diocesi a poche miglia da Palermo, fu una delle sue azioni più importanti.

Mosaico che raffigura Guglielmo incoronato direttamente dal Cristo – Duomo di Monreale

La sua politica interna e politica estera fu ambiziosa, ma Guglielmo raramente si avventurò lontano dalla Sicilia. 
Diresse abili trattative con il Sacro Romano Impero, con i comuni dell’Italia settentrionale, e con i regni dei Balcani e del Mediterraneo orientale, dove le forze siciliane riuscirono a conquistare dei territori. Dopo un lungo periodo di conflitti, fece un trattato di pace con l’imperatore d’Oriente Isacco Angelo Comneno.
Con Guglielmo II detto il Buono l’isola visse un periodo di pace.
Guglielmo morì a Palermo, quando aveva 36 anni, il 18 novembre 1189 senza eredi, venne sepolto ai piedi dell’altare maggiore del Duomo di Monreale, così che chi officiava la Messa doveva inginocchiarsi sulla tomba di Guglielmo. Il cardinale Torres nel 1500 diseppellì il corpo del re e gli fece costruire un sepolcro rinascimentale, accanto a quello del padre Guglielmo I.

Duomo di Monreale – Il sarcofago rinascimentale che conserva le spoglie mortali di Guglielmo II d’Altavilla.

Si può affermare che l’epoca normanna della Sicilia sia finita con lui. Nel giro di pochi anni l’epoca della dinastia degli Hohenstaufen di Svevia arrivò in Sicilia e Federico II ne fu il suo massimo esponente.

Bibliografia:

  • David Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale, Enaudi, Torino, 1993.
  • Errico  Cuozzo, Normanni e Svevi nel Mezzogiorno d’Italia.
  • Fulvio Delle Donne, «Gualtiero». In : Dizionario Biografico degli Italiani Vol. LX, Roma: Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2003, pp. 224–227 (on line).
  • J. M. Martin, Errico Cuozzo, Federico II Le tre capitali del regno Palermo – Foggia – Napoli, Procaccini Editore, Napoli, 1995.

  • Hubert Houben, Normanni tra Nord e Sud. Immigrazione e acculturazione nel Medioevo, Di Renzo Editore, Roma 2003
  • Fulvio Delle Donne – L’elaborazione dell’immagine di Costanza d’Altavilla nel Due e Trecento. Incroci di tradizioni tra cronache meridionali e centro-settentrionali, tra Dante e Boccaccio. Reti Medievali Rivista, 21, 1 (2020).

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